2009-2019_L.Contini

Leone Contini

CONFERENZA

FOREIGN FARMERS

Dai contadini wenzhounesi di Toscana alle aziende agricole bengalesi nel palermitano, passando per l’orto di Ibrahim sul Piave o i ciuffi di brassica cinese che verdeggiano sotto un sole alpino: una biodiversià sconosciuta germoglia, matura e si riproduce, dal Südtirol alla Sicilia, e nutre i nuovi abitanti della penisola. I semi di quelle verdure mai viste sono arrivati nelle loro valige, come altri semi viaggiarono con gli emigranti italiani, in Svizzera, Francia, Germania, e attraverso gli oceani.

I semi sono capsule per trasportare informazioni genetiche attraverso il tempo e lo spazio, e a partire dalla domesticazione delle piante sono vettori che connettono antropologie diverse, intrecciandosi indissolubilmente al divenire della nostra specie, e mutando con essa.

Dal suo ingresso nell’era dell’Antropocene l’umanità abita un tempo straniero, e ogni agricoltore, anche se stanziale, è oggi pioniere di una biosfera sconosciuta, che le trasformazioni climatiche gli hanno reso estranea.

A partire da una residenza alla Fondazione Pistoletto, a Biella, nasce nel 2016 la “Banca del germoplasma migrante”, un’installazione artistico-botanica costituita da un espositore refrigerato collegato ad una serra-germinatoio (scaldata utilizzando il suo motore), un dispositivo per conservare, far germogliare e barattare semi non facilmente accessibili oggi in Italia, che nel caso specifico erano al centro dell’interesse di varie comunità di richiedenti asilo, temporaneamente residenti nelle zone rurali del biellese. Attingendo alla banca-vettore poterono creare piccoli orti per il proprio consumo, perlopiù con i semi di verdure cinesi coltivate in Toscana, ma utilizzate in molti altri paesi, secondo sistemi di denominazione e pratiche culinarie differenti. Alla fine della stagione alcuni di quei semi sono “rientrati” alla banca, rinvigoriti, arricchiti e forse trasformati dal passaggio generazionale in Piemonte.

Nel 2018, in occasione di Manifesta 12 a Palermo, In quello che fu il “giardino coloniale” dell’Orto botanico (dove una bio-diversità “straniera” fu assoggettate alle ingorde ambizioni coloniali), quelli ed altri semi germogliano nuovamente: la cucuzza siciliana, felicemente estraniata, si avviticchia ai tenerumi rampicanti di লাউ (lau) bengalese e upo filippino coltivati negli orti che si incuneano nella città lungo la valle dell’Oreto, al لوکی (lauki) di Terracina e al 蒲瓜 (pugua) Tosco-Wenzhounese, fino a formare, nel corso dell’estate, una capanna vivente, sotto la cui ombra accogliente potersi finalmente estraniare, tra pari.

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